Gli occhi di Sara by Maurizio de Giovanni

Gli occhi di Sara by Maurizio de Giovanni

autore:Maurizio de Giovanni
La lingua: ita
Format: mobi
Tags: Giallo
ISBN: 9788831803823
editore: Rizzoli
pubblicato: 2021-03-17T12:00:00+00:00


XXVII

Ottobre 1990

Villa Borghese infliggeva a volte delle giornate di una bellezza che Corrado Lembo trovava intollerabile, anche nell’ambito di quelle “ottobrate romane” di cui si parla sempre. L’ottobrata, pensava lui, in città la subisci, fra gas di scarico e angosciante assalto dei turisti: qui, invece, è come se la primavera si facesse largo a spallate in mezzo all’autunno.

Sì, perché i colori sono quelli della stagione che precede l’inverno, mentre in città una bella giornata è una bella giornata, punto. Lo straniamento vero, la contraddizione, l’incoerenza della primavera a ottobre la devi andare a sentire a Villa Borghese.

Così rifletteva Lembo, che romano non era ma a Roma viveva da trent’anni senza interruzione, e quindi si riteneva romano per una specie di usucapione di cittadinanza. Anzi, più romano di chi ci era nato, così come è più cristiano un convertito di chi è stato educato ad avemaria e padrenostro, giacché il piacere di Roma era frutto della ragione e non dell’abitudine.

Era dunque con godimento istintivo che aveva accolto l’ordine di recarsi là, quel pomeriggio di sole e di aria limpida. Di certo meglio, e di gran lunga, delle opprimenti luci artificiali che rischiaravano i corridoi angusti e le stanze pompose del ministero dove svolgeva i due lavori, quello vero e quello finto, talora perdendo di vista quale fosse l’uno e quale l’altro, dato che lo utilizzavano entrambi i superiori quasi che sul funzionario avessero potere di vita e di morte.

Lui però quegli incarichi li eseguiva con lena, perché una carriera si costruisce con condiscendenza e ottime relazioni, oltre che con determinazione ferrea, delazione e capacità di accoltellare schiene. In senso metaforico, s’intende.

Il lavoro vero e quello finto diventavano più facilmente distinguibili se li si pensava come quello segreto e quello emerso. Le scartoffie sulla sorveglianza degli istituti di cultura italiana all’estero erano quello emerso: una montagna di carte su progetti quali l’analisi linguistica degli stilnovisti in Finlandia, il valore storico del melodramma in Spagna, un convegno sull’ermetismo negli Stati Uniti, con liste di spese da valutare e autorizzare.

Quello sommerso, fatto di ammiccamenti, sussurri e biglietti da strappare, riguardava un altro tipo di sorveglianza, di un’altra rete.

Pestando la ghiaia del vialetto verso la panchina dove era diretto, Corrado Lembo rifletté sulla sostanziale somiglianza fra le due attività. Si trattava in effetti della stessa cosa, solo che i progetti della seconda rete non si concretizzavano in liste di spese ma in azioni da compiere, spesso pericolose, spesso letali, sempre illegali: là si doveva camminare sulle uova, perché a eventuali errori non si poteva porre riparo.

Le gerarchie erano chiare, e se un superiore ti dava un ordine, quell’ordine andava eseguito in fretta e senza fare domande. I problemi andavano risolti, non posti; e le soluzioni dovevano essere precise e puntuali, altrimenti non si avanzava di carriera. E Corrado Lembo era determinato, alla sua non più tenerissima età, a dare la scalata ai vertici della struttura.

Quel giorno, all’ora di pranzo, era entrato trafelato un usciere e l’aveva chiamato al cospetto di un uomo, in fondo a



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